[Foto di Fabio Catarozzi People]
Il Risiko del no glutine …
Siamo un esercito… Acquistiamo prodotti senza glutine
Sì, perchè si tratta di una vera e propria invasione del mercato! Ma vediamo come e perchè.
Come tutti gli anni ho partecipato al congresso regionale dell’Associazione Italiana Celiachia Piemonte – Valle d’Aosta, che quest’anno intitolava “Sensibilità al glutine: non solo celiachia”.
Sì, perchè come ci fa notare la dottoressa Maria Teresa Bardella, consulente scientifico AIC nonchè medico Specialista in Gastroenterologia Clinica, sono in aumento i casi di sensibilità al glutine in non celiaci. Si tratta di soggetti che manifestano sintomi intestinali e problemi vari quali prurito, cefalee, ansia ma che sono negativi all’esame istologico della biopsia intestinale che è ancora il “gold standard diagnostico” per eccellenza della malattia celiaca (la legge italiana la considera una malattia sociale), e che però rispondono bene alla dieta priva di glutine e peggiorano se il glutine viene reintrodotto.
Nel 2008 il 15-25% degli Americani considerava la dieta priva di glutine “salutistica”.
Nel 2011 il Washington Post scrive che 17 milioni di Americani seguono una dieta priva di glutine pur non essendo celiaci e quando la celiachia è 6 volte meno frequente.
E stiamo parlando del Coeliac Disease che secondo Marsh, colui a cui si deve la classificazione ancora oggi in vigore dell’esame dei villi intestinali nella malattia celiaca da Marsh 1 al Marsh 3c, nel 1992 la casistica esistente si riferiva alla sola Europa.
Nel 2012 i lavori scientifici scritti sulla gluten sensitivity hanno superato quelli scritti sulla celiachia e sul cancro alla mammella e sul cancro ai polmoni.
In America, quindi in 20 anni c’è stata un’impennata della dieta senza glutine a prescindere dalla diffusione della malattia celiaca.
La ditta americana Schär di prodotti senza glutine si è attivata con 2 conferenze a Londra nel 2011 e Monaco nel 2012 per riunire degli esperti di celiachia per classificare meglio questa gluten sensitivity.
La ditta Schär: ricavi 2012 a 200 mln di euro. (fonte: http://www.foodweb.it/2013/03/dr-schar-fatturato-2012-a-200-mln-di-euro/
Per chi non la conoscesse, la ditta Schär è un gruppo sudtirolese con 6 marchi (il marchio Schär (canale farmacia), Ds–gluten free (gdo), Glutafin, Glutano, Trufree e Beiker (marchi esteri) con impianti produttivi in Europa (35-40% del mercato no glutine, in Italia 45%) e Stati Uniti. Il gruppo ha lanciato nel 2004 il progetto Ds Pizza Point, un network di ristoranti e pizzerie che oggi raccoglie oltre 400 locali.
Il mondo scientifico è diviso, chi ci crede e chi no alla gluten sensibility.
Cito un’articolo del Washington Post del 2011 in cui si parla di un boom di $2,6 miliardi alimenti senza glutine (http://articles.washingtonpost.com/2011-11-07/national/35281103_1_gluten-free-barley-and-rye-celiac-disease)
Il glutine si trova ovunque, come sottolinea l’articolo citato precedentamente: in zuppe, in farmaci, nella salsa di soia (anche se la soia di per sè ne è priva), ma anche in shampoo, integratori, per questo le etichette sono molto importanti.
Nel 2011 un gruppo australiano ha sottoposto soggetti non celiaci con colon irritabile a dieta aglutinata per un periodo > di 6 settimane, e poi ha fatto degli esperimenti sull’effetto della reintroduzone del glutine usando in alcuni casi il glutine in altri un placebo. Nel 68% dei casi la reintroduzione del glutine ha avuto effetti negativi ma i soggetti analizzati erano solo 34.
Un proverbio indiano dice “Se non sai dove stai andando, voltati indietro a guardare da dove vieni”.
Solo nel 1950 si scopre che i cereali nocivi per i celiaci sono frumento e segale.
A questi con studi successivi si aggiungono altri cereali …
Recenti studi della Health Canada, hanno riconosciuto l’innoquità dell’avena. (fonte: http://www.notonlyglutenfree.org/tag/mercato_senza_glutine/)
E’ del 1952 la scoperta che a far mal è una proteina del frumento: nasce il termine “glutine”.
Nel caso delle allergie è un’ altra proteina a danneggiare.
La dottoresa Pilo, altra relatrice della conferenza, sottolinea che risale solo al 2008, quindi a 5 anni fa, una definizione internazionale comune di “senza glutine”, i limite è di < 20 ppm (ovvero 20 mg/kg).
In Italia i podotti senza glutine sono abbastanza cari, all’estero sembrano costare di meno.
Le materie prime sono care e le aziende devono anche garantire l’assenza del glutine in tutte le fase di lavorazioni del prodotto.
Avete mai fatto caso che su alcuni prodotti c’è scritto a volte “Può contenere tracce di glutine o frutta a guscio .. per quanto questi non siano tra gli ingredienti dei prodotti medesimi magari.
Invece, per ottenere la certificazione (quella con la spiga barrata) occorre anche un processo produttivo immune da contaminazioni da glutine.
Il mercato dei prodotti senza glutine in Italia nel 2009 vantava circa 211 milioni di euro con una forte crescita di pane e dolci.
Cito dall’articolo di pharmaretail del 2009:
Pane e sostituti del pane, infatti, costituiscono il 34% del mercato a volume e il 32% a valore e risultano in crescita nell’ultimo anno rispettivamente del 7,5 e del 12,7 per cento. Per i dolci (31% di quota a volume e 29% a valore) l’incremento è del 9,6 e 14,6%. La pasta, infine, che ha un 22% di quota a volume e un 19% a valore, cresce del 3,8 e del 7,8 per cento.
L’altro segmento in forte crescita è quello dei piatti pronti, con un 81,7% a volume e un 65,8% a valore. In controtendenza, invece, i prodotti di pasticceria, che con un calo sensibile.
(fonte: http://www.pharmaretail.it/articoli/2009/18-senzaglutine.html)
Il mercato del senza glutine nel 2012 in Italia ammonta a 240.000.000 di euro l’anno.
Nel 2012 è aumentato del 7% rispetto al 2011.
La celiachia colpisce 1 italiano su 100 (fonte: AIC: http://www.celiachia.it/home/HomePage.aspx#)
La farmacia copre il 74,3% del mercato, la GDO (grande distribuzione) il restante 25,7% in Italia, ma ci sono molte differenze di carattere regionale. In Toscana, per esempio, si registra il 50% alle farmacie ed il 50% alla gdo.
Le distribuzioni alternative alla farmacia hanno iniziato a proporre prodotti no gluten dal decreto Veronesi del 2001 e crescono sempre di più ogni anno. Spiccano i supermercati ed i negozi specializzati in alimenti no gluten.
A fare da apripista in questo segmento è stata Coop Italia, che ha lanciato la sua gamma Senza Glutine già nel 2005.
(fonte: http://www.sint.it/index.php?method=news&action=zoom&id=3175)
Con l’entrata in vigore del regolamento CE 41 del 2009, le aziende possono immettere liberamente sul mercato prodotti gluten free, anche non inseriti nel Registro nazionale dei prodotti dietetici, ma che contengano una quantità di glutine minore di 20 ppm, garantendo anche l’assenza di ingredienti derivati dai cereali col glutine.
Circa il 70% del mercato complessivo nazionale italiano è da erogazione gratuita, ma un terzo, il 32,5% del mercato è extra celiachia, ovvero chi acquista prodotti senza glutine pur non essendo celiaco.
C’è una stima secondo cui almeno 600.000 famiglie italiane abbiano acquistato almeno 1 volta all’anno un alimento privo di glutine.
Hanno parlato del mercato del senza glutine Linkiesta (“celiaci, il grosso grasso mercato dei prodotti gluten free” di M. Piccirillo) e giornali come il New York Times e periodici come l’Espresso.
L’AAIA, associazione ammalati immunopatici ed ambientali, si sta attivando per portare istanza a modifica legge 123 art 4 del 2005 per concedere alimenti per la gluten sensibility ma ancora non si sa cosa sia.
Il Il COM 353 è la proposta di un nuovo regolamento che, dovrebbe essere pubblicato forse a giugno 2013 e che discipinerà gli almenti speciali (il termine dietetico forse scomparirà).
Con l’ esclusione dei prodotti senza glutine dagli alimenti speciali, il rischio è quello di minare la tutela della salute a livello nazionale.
La spending review mette in discussione i fondi a favore dei soggetti affetti da celiachia e anche i fondi della L.123/05 si sono negli anni ridotti.
Lo scenario sociale e dei media favorisconi una banalizzazine della celiachia a mera abitudine alimentare mentre il celiaco è un paziente, non solo un consumatore.
Per il celiaco la dieta aglutinata è ad oggi l’unica terapia salvavita peremme.
Intanto l’industria alimentare aumenta: in America Russel Crowe e la Paltrow dicono che mangiare senza glutine fa bene e fa dimagrire e serve per disintossicare l’organismo. (http://blog.ok-salute.it/news-commenti/2013/02/08/aic-boom-della-dieta-senza-glutine-ma-non-serve-a-dimagrire/)
Bisogna però prima definire in termini fissi cosa è la gluten sensistivity: AIC si impegna per studiare questa distinzione tra celiachia e gluten sensitivity e per tutelate gli interessi di tutti.
Cito dall’articolo del giornale Repubblica: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/02/08/tavola-senza-glutine-anche-se-non.html
E dunque, un terzo dei 237 milioni di euro incassati nel 2012 dai produttori di alimenti senza glutine è stato pagato senza usufruire del buono regionale mensile (in media un centinaio di euro) che le Asl passano ai celiaci. Ci sono tre spiegazioni plausibili. C’ è chi ha superato il tetto del buono e paga l’ eccedente in contanti, c’ è chi ha provato quei prodotti per supposte “gluten sensibility”, cioè forme non ancora ben definite di intolleranza al glutine che danno esito negativo ai normali test per la celiachia. E poi c’ è il fattore Russell Crowe. La moda, la tendenza, l’emulazione.
Cito dall’articolo: Celiaci, il grosso grasso mercato dei prodotti “gluten free” | Linkiesta.it 17 Gennaio 2013
(fonte: http://www.linkiesta.it/mercato-gluten-free)
L’affare è presto diventato un segreto di Pulcinella anche per i ristoranti. Basta guardare gli indici di crescita: a oggi sono più di duemila quelli segnalati sul sito dell’associazione italiana celiachia, e il gluten-free è sbarcato anche negli Autogrill. Il ragionamento è semplice: per ogni cliente celiaco c’è sempre almeno un accompagnatore “normale”, ed ecco che la “malattia sociale” diventa un banale moltiplicatore micro-economico.
Aggiungo io, in merito ai ristoranti che hanno solo o anche cucina senza glutine, che sono sempre di alto livello. Però dovrebbero investire di più nel marketing, soprattutto quelli che fanno solo cucina celiaca, perchè non basta essere pubblicizzati sulla rivista AIC, bisogna investire anche nella geolocalizzazione o in eventi e soprattutto anche per i giovani ed i piccoli celiaci fare in modo che si creino delle community perchè gli adolescenti non si sentano soli nell’affrontare le difficoltà che questa malattia a volte comporta nella vita sociale e relazionale.
Tra le iniziative innovative da citare c’è anche un corso di cucina senza glutine a Chieri che si aggiunge ai numerosi corsi già presenti ma con in più la peculiarità di dare vita ad un reality che forse prossimamente vedremo in tv.
Ed è anche da ricordare il Gluten Free Expo, il primo salone europeo interamente dedicato ai prodotti ed all’alimentazione senza glutine che si tiene poco prima di Natale in fiera a Brescia.(fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2012/novembre/19/fatturato_lievita_senza_glutine_ce_0_20121119_e5630e8a-3212-11e2-9632-dbc008ce4875.shtml
In questo articolo ho scritto molti appunti che avevo preso al congresso AIC Piemonte e Valle d’Aosta di marzo. Le immagini sono tratte da foto fatte al congresso stesso. I contenuti presi da altri articoli riportano la fonte.
Rimane comunque la possibilità di commentare liberamente.
scritto da Monica Cordola
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[…] potrebbe decidere di posizionarsi anche su un mercato di nicchia e produrre la pizza per celiaci [è un mercato in crescita come spiegato nel nostro ultimo articolo sul tema], a questo punto la strategia di marketing potrebbe variare in base a questa scelta sul prodotto e […]
[…] potrebbe decidere di posizionarsi anche su un mercato di nicchia e produrre la pizza per celiaci [è un mercato in crescita come spiegato nel nostro ultimo articolo sul tema], a questo punto la strategia di marketing potrebbe variare in base a questa scelta sul prodotto e […]